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Infortunio sul lavoro: chi è responsabile?

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Infortunio sul lavoro: chi è responsabile?
Il datore di lavoro è sempre responsabile se non prova di aver adottato tutte le misure antinfortunistiche necessarie, anche in considerazione dell'attività concretamente svolta dal lavoratore.

In tema di responsabilità per danni subiti dal lavoratore, l'onere della prova grava sul datore di lavoro che deve dimostrare di aver fatto tutto il possibile per evitare l'evento lesivo - cd. prova liberatoria - attraverso l'adozione di cautele previste in via generale e specifica dalle norme antinfortunistiche.
La sentenza della Corte d'Appello aveva condannato il datore di lavoro al risarcimento dei danni derivanti dall'infortunio di un dipendente, che era stato risarcito per oltre 200.000,00 Euro, con manleva della società di assicurazioni. I giudici hanno così condiviso la posizione del giudice di prime cure e hanno rilevato l'assenza di prova della sussistenza di elementi derivanti da una eventuale condotta colpevole o imprudente del lavoratore tali da determinare l'esonero della responsabilità dell'azienda, cosiddetto rischio elettivo o abnormità della condotta dell'infortunato.
La Cassazione ha rigettato il ricorso presentato dalla suddetta società di assicurazioni per due motivi. In primo luogo, ha osservato che, conformemente al consolidato orientamento giurisprudenziale, la responsabilità dell'imprenditore per la mancata adozione delle misure idonee a tutelare l'integrità psicofisica del lavoratore discende o da norme specifiche, oppure, nel caso in cui esse non siano rinvenibili, dalla norma generale di cui all'art. 2087 del c.c.. Questa norma di chiusura del sistema infortunistico è estendibile a situazioni ed ipotesi non ancora espressamente considerate dal legislatore. La stessa disposizione impone all'imprenditore l'obbligo di adottare, nell'esercizio dell'impresa, tutte le misure che risultino necessarie a tutelare l'integrità psico-fisica dei lavoratori, con particolare riguardo alla peculiarità del lavoro.
Nel caso in cui ci si trovi in presenza di una attività lavorativa pericolosa, la responsabilità del datore di lavoro-imprenditore, sempre ai sensi dell'art. 2087 del c.c., pur non configurando una ipotesi di responsabilità oggettiva, non può essere però circoscritta alla violazione delle sole regole di esperienza o di regole tecniche preesistenti e collaudate. La condotta del datore di lavoro deve essere sottoposta ad una valutazione caso per caso, tenuto conto della concreta realtà aziendale e del concreto tipo di lavorazione insieme al connesso rischio di infortunio, sempre alla luce delle garanzie costituzionali del lavoratore nel luogo di lavoro.
La dottrina e la giurisprudenza hanno sottolineato, inoltre, come le stesse disposizioni della Carta Costituzionale abbiano segnato, anche in materia giuslavoristica, un momento di rottura rispetto al sistema precedente, in considerazione anche del fatto che l'attività produttiva, poiché attiene non solo all'iniziativa economica privata quale manifestazione di essa in accordo con l'art. 41, comma 1, Cost., ma anche, in relazione al comma 2 del medesimo articolo, alla utilità sociale che va intesa come mero benessere economico e materiale, relativamente ad un pieno e libero sviluppo della persona umana e dei connessi valori di sicurezza, di libertà e dignità.
La concezione patrimonialistica dell'individuo deve, quindi, necessariamente recedere di fronte alla diversa concezione che fa leva principalmente sul rispetto della persona, sulla sua dignità, sicurezza e salute, anche nel luogo nel quale si svolge la propria attività lavorativa; tali momenti si pongono come valori apicali del sistema.

Nel caso esposto era, pertanto, rinvenibile la sussistenza del nesso causale tra l'infortunio e l'attività svolta dal lavoratore in un ambiente in cui, anche in considerazione della pericolosità della macchina adibita per la movimentazione a cui il danneggiato era stato assegnato dopo un solo giorno di formazione, era altamente probabile che, non adottando le cautele prescritte, si verificassero eventi dannosi per il personale.
I giudici della Suprema Corte hanno, infine, confermato le motivazioni a cui era giunta la Corte territoriale, considerato che non era stata fornita la prova liberatoria e che la responsabilità era configurabile come contrattuale, derivante da omessa adozione, ai sensi dell'art. 2087 del c.c., delle opportune misure di prevenzione volte a preservare l'integrità psico-fisica del lavoratore sul luogo.

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