Bambino morso da un cane, la colpa è del minore e dei genitori, non del padrone, ecco perché: nuova sentenza Cassazione

Bambino morso da un cane, la colpa è del minore e dei genitori, non del padrone, ecco perché: nuova sentenza Cassazione

Pubblicato il: 08/07/2025

Una recente pronuncia della Cassazione ha fornito una nuova interpretazione in materia di responsabilità del padrone di un cane. Nel caso di specie, un cane morde un minore di otto anni e il padrone viene dichiarato totalmente esente da responsabilità.
Con l’ordinanza n. 17200/2025, gli Ermellini hanno attribuito l’intera colpa alla condotta del minore e alla mancata vigilanza da parte dei genitori.
La pronuncia ha, inevitabilmente, determinato il sorgere di un dibattito non solo in ambito giuridico, ma anche nella società civile, dal momento che la stessa rimette in discussione una questione sempre foriera di dibattito, ovvero quella della responsabilità per la custodia di animali.

Il cane morde, ma la colpa è del bambino
Il nostro ordinamento giuridico, all’art. 2052 del c.c., sancisce che “il proprietario di un animale è responsabile dei danni da esso cagionati”, a prescindere dal fatto che l’animale fosse, in quel momento, sotto la custodia oppure smarrito, salvo che sia in grado di provare l’esistenza di un “caso fortuito. Quando parliamo di caso fortuito, facciamo riferimento ad un evento straordinario ed imprevedibile, evitabile solo impiegando un grado di cautela superiore a quella tipica dell’ordinaria diligenza. In altre parole, si deve trattare di un evento tale da interrompere il legame tra l’animale e il danno arrecato.
Secondo la Cassazione, dunque, nel caso in esame la condotta imprudente del bambino è equiparabile ad un evento eccezionale, tale da interrompere il nesso causale. Il bambino aveva oltrepassato una recinzione chiusa solo da una catena — priva di lucchetto — e si era avvicinato al cane, provocandolo con un bastoncino.
Per i giudici, questo comportamento sarebbe stato così anomalo e imprevedibile da escludere ogni responsabilità del proprietario. Tuttavia, tale lettura fa emergere non poche perplessità.

L’età non basta più per determinare la responsabilità?
La decisione si basa su un presupposto poco chiaro, ossia che anche un bambino di otto anni abbia la stessa maturità, la stessa consapevolezza e la stessa capacità di giudizio tipiche di un soggetto adulto. In pratica, ogni bambino dovrebbe essere perfettamente in grado di capire che disturbare un cane possa costituire un pericolo per se stesso.
Tale interpretazione, però, si scontra con le tesi, da sempre sostenute, della psicologia dello sviluppo, secondo le quali, a quell’età, il controllo degli impulsi è limitato, la percezione del rischio è ancora in costruzione e la curiosità prevale spesso sulla cautela.
Ebbene, considerare un minore alla stregua di un adulto, dotato di maggiore esperienza e maturità, rappresenta una forzatura giuridica. La legge infatti, in molti altri ambiti, tutela la minore età proprio in virtù della sua immaturità.

Custodia degli animali e responsabilità del proprietario
Un altro punto critico riguarda il grado di diligenza richiesto al proprietario del cane. Secondo la Cassazione, sarebbe stata sufficiente una catena attorcigliata al cancello per garantire una corretta custodia del cane, volta ad evitare che lo stesso potesse aggredire – o nuocere a – soggetti terzi.
Come abbiamo visto, nel caso di specie l’area era delimitata soltanto da una catena, che lo stesso bambino non ha avuto alcuna difficoltà ad oltrepassare. Tuttavia, secondo la Suprema Corte, tale “rimedio” è sufficiente.
La problematicità della pronuncia risiede nel fatto che essa può essere idonea ad abbassare drasticamente la soglia delle cautele richieste per la detenzione di animali potenzialmente pericolosi. Se, infatti, è sufficiente approntare accorgimenti minimi (come, appunto, una semplice catena), è lecito ipotizzare che molti proprietari di animali possano sentirsi legittimati a trascurare del tutto l’adozione di misure più efficaci, come ad esempio cancelli chiusi a chiave oppure barriere idonee ad ostacolare l’accesso a chiunque, anche ai più piccoli.

Genitori colpevoli, padroni assolti
Ad ogni modo, la vicenda mette in risalto la contrapposizione tra due doveri fondamentali del nostro ordinamento, ovvero l’obbligo di vigilanza dei genitori sui figli e l’obbligo di custodia del proprietario di un animale. Tuttavia, la sola negligenza genitoriale è idonea ad escludere del tutto la responsabilità del proprietario di un animale? L’interpretazione fornita dalla Cassazione rischia di collidere con il modo di intendere l’art. 2052 c.c., che fonda la sua logica proprio sulla responsabilità oggettiva del detentore dell’animale.


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