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Addebito della separazione se si mandano messaggi in chat all'amante?

Famiglia - -
Addebito della separazione se si mandano messaggi in chat all'amante?
La Cassazione torna a pronunciarsi sull'addebito della separazione in caso di infedeltà coniugale: sono sufficienti i messaggi scambiati sui social network?
Con l'ordinanza n. 12190 dell’8 maggio 2023, la Corte di Cassazione ha chiarito che, ai fini dell’addebito della separazione, non è necessario che gli amanti vengano sorpresi nell'atto di avere un rapporto sessuale.
Per la Corte, infatti, bastano le semplici effusioni affettuose, che possano considerarsi indizi di un rapporto amoroso, intimo, fisico.


Ma procediamo con ordine.
Dobbiamo premettere che per con l'espressione "addebito della separazione" si intende, per il codice civile (art. 151, comma 2), la pronuncia con cui il giudice stabilisce che la crisi del rapporto matrimoniale è stata causata dal comportamento di uno dei coniugi, il quale ha violato i doveri nascenti dal matrimonio stesso.


L'addebito non è necessariamente presente in ogni separazione: può essere chiesto solo in caso di separazione giudiziale (non nella separazione consensuale, dunque), e deve essere chiesto espressamente da una o da entrambe le parti; ciò significa che il giudice non potrà addebitare d'ufficio (cioè di propria iniziativa) la separazione a uno dei coniugi.


Attenzione: è importante insistere sul fatto che non è la semplice violazione dei doveri coniugali a condurre all'addebito della separazione; per l'addebito occorre infatti che tale violazione sia stata la causa della rottura dell'unità coniugale.
Per fare un esempio concreto, potrebbe non esservi addebito in caso di infedeltà, se si dimostra che il rapporto tra marito e moglie era già irrimediabilmente deteriorato prima del tradimento.
Tornando al caso concreto oggetto della pronuncia che stiamo esaminando, tutto trae origine da una sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, che in un procedimento di separazione giudiziale aveva respinto la richiesta di addebito proposta dal marito.
Quest'ultimo aveva proposto appello contro la sentenza.
La Corte di Appello di Napoli ribaltava la decisione del Tribunale sulla questione, affermando appunto che, per emettere pronuncia di addebito, sono sufficienti le effusioni affettuose, sintomatiche di un rapporto intimo. Secondo la Corte di Appello, in particolari, i toni usati dalla moglie in un messaggio di chat di un social network, indirizzato all'amante, dimostravano l'esistenza di un rapporto molto confidenziale tra i due.


Contro la sentenza di appello la moglie proponeva ricorso per Cassazione.
La Suprema Corte dava però torto alla ricorrente e rigettava il ricorso.
La Cassazione infatti condivideva le conclusioni del giudice di secondo grado, secondo cui proprio il contenuto del messaggio provava inequivocabilmente l'atteggiamento di intimità tenuto dalla donna e dal suo amante.


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